Il Mito di Filottete

Filottete (gr. Φιλοκτητησ – lat. Philoctetes), eroe mitologico greco, notissimo fin dall’epoca omerica per essere il depositario dell’arco e delle frecce di Herakles.

Filottete da Melibea

Figlio di Peante e Demonassa (o Metone, secondo un’altra versione), era originario della penisola di Magnesia in Tessaglia((La Magnesia è una regione storica della Grecia, patria di vari personaggi mitologici, quali Giasone, del re Peleo, di suo figlio Achille e di Filottete. La penisola occupa la parte orientale della Tessaglia; centri principali erano Melibea, Bebe, Pagase, Metone)), e precisamente da Melibea1.

Sula localizzazione Meliboea: Strabone 9,443 la colloca nel golfo che si stende tra l’Ossa e il Pelio. Anche Liv. 44,13,2 descrive minuziosamente la sua posizione: sita est in radicibus Ossae montis, qua parte in Thessaliam vergit, opportune imminens super Demetriadem. Altri elementi per la localizzazione si ricavano da Herod. 7,188,3 e ps.Scyl. 65 (GGM 1 51). Genericamente alla Tessaglia ascrivono Melibea Steph. Byz. s.v. e Serv. ad Verg. Aen. 5,251 (RE XV 511)2.
L’Enc. Treccani nel relativo lemma riporta il tentativo di una localizzazione più spinta, riferendosi a siti archeologici tra il monte Ossa e la costa orientale della Tessaglia, ma non se ritrova riscontro in studi più recenti.

L’area tessala, e peculiarmente proprio la Magnesia, erano, del resto, fortemente permeate dal culto di Apollo e da tradizioni eroiche che riguardavano Eracle, soggetti mitologici di cui saranno permeate tanto Krimisa che Kroton.

La leggenda di Filottete sembra essersi evoluta entro un vastissimo ambito territoriale, ossia quello mediterraneo, da Oriente ad Occidente, seguendo il filo delle tradizioni nostoiche, che richiamavano alla memoria i complessi viaggi di ritorno degli eroi achei vittoriosi da Troia. La sua più antica menzione si trova nei Κύπρια (Cypria, antico poema epico greco), che trattava le vicende antecedenti a quelle dell’Iliade, dal giudizio di Paride ai preparativi della spedizione greca e al sacrificio di Ifigenia((Concetta Martina Giuliano – Il linguaggio della ferita: il Filottete di Sofocle (Rivista Figure dell’Immaginario, n. 1, gennaio 2014), p. 2)).

Prendendo spunto dal ciclo epico troiano, i tre massimi tragici e qualche minore portarono Filottete più volte sulla scena: Eschilo, Euripide, Sofocle e Teodette rappresentarono la conclusione del suo esilio decennale e il ricongiungimento all’esercito greco in drammi che la tradizione intitola Filottete. Inoltre, Sofocle e alcuni minori (Acheo, forse Filocle) raffigurarono l’eroe reintegrato e probabilmente già guarito, vittorioso nello scontro con Paride, in vari Filottete a Troia. Dei Filottete di Eschilo e di Euripide, che furono esclusi dalla selezione tardoantica, restano solo pochi frammenti e testimonianze.

Filottete e la Guerra di Troia

Filottete, figura tra i pretendenti d’Elena ed a questo titolo s’era unito alla spedizione contro Troia. Guidava un contingente di sette navi con cinquanta rematori e con guerrieri la cui abilità principale era quella di tirare con l’arco , come sottolineato in un unico passo dell’Iliade (Il. II. 716 sgg.)

L’arco e le frecce di Heracles

Con sè portava l’arco e le frecce che aveva ricevuto da Herakles (o seconda un’altra versione le avrebbe ricevute suo padre Peante) in ringraziamento d’aver dato fuoco alla pira sul monte Eta, allestita dallo stesso figlio di Zeus morente, che solo così avrebbe avuto la possibilità di ascendere agli dei olimpici divenendo immortale a sua volta.

Herakles aveva chiesto a Filottete di mantenere segreto il luogo della morte ed il Peantide aveva giurato solennemente in tal senso. Tuttavia essendo volere del fato che Troia non potesse cadere senza l’uso di queste frecce, i Greci spedirono ambasciatori a Filottete per sapere da lui in che luogo fossero riposte; e Filottete, non volendo violar la promessa nè tradire le speranze dei Greci, additò con un piede la sepoltura del grand’eroe. In tal modo, senza parlare, aveva violato il giuramento.

La ferita al piede e l’abbandono a Lemno

Filottete non arrivò a Troia con gli altri prìncipi. Essendo stato morso dal serpente custode del tempio nella piccola isola di Crise (Sofocle, nella tragedia su Filottete riporta invece Tenedo, isola turca dell’Egeo), dove i Greci si erano fermati a sacrificare, ebbe al piede una piaga incurabile.

Secondo un’altra versione, Filottete era stato ferito da una freccia di Herakles, intrisa nel sangue avvelenato dell’Idra di Lerna. La freccia l’aveva trafitto al piede sinistro cadendo accidentalmente dalla faretra ed aveva provocato quella ferita incurabile. L’incidente, secondo i mitografi antichi, rappresentava la vendetta di Herakles e la punizione per lo spergiuro commesso da Filottete, che aveva rivelato, anche senza parlare, l’ubicazione del rogo sull’Eta.

Hayez Francesco 1791/ 1882. Dipinto ad olio (1818 – 1824) di Filottete seduto su rocce, si medica la ferita ad un piede. Museo d’Arte Moderna di Bologna

La ferita divenne in poco tempo così infetta da emanare un nauseabondo ed insopportabile fetore. Ulisse non faticò molto a persuadere gli altri capi elleni ad abbandonare il ferito a Lemno, allorché la flotta passò vicino a quest’isola, allora deserta, situata nell’Egeo settentrionale, tra la penisola del Monte Athos e la costa anatolica3 .

Un altro pretesto per l’abbandono di Filottete erano le grida che il dolore lancinante gli strappava e che lui era incapace di dominare. Tali schiamazzi turbavano l’ordine ed il silenzio rituale dei sacrifici. Un’ulteriore tradizione narrava che i Greci lasciavano Filottete nell’isola per aver il tempo di curarsi la ferita, perché era presente a Lemno un culto di Hèfaistos (= Vulcano), i cui sacerdoti erano in grado di guarire i morsi di serpente. Il medico capace di guarirlo sarebbe stato Pilio, figlio di Hèfaistos, ricevendo in cambio dall’eroe l’insegnamento a tirar d’arco.

Filottete rimase a Lemno per 10 lunghi anni, dolorante, cibandosi d’uccelli che riusciva a catturare con le frecce e l’arco di Herakles

Filotette a Troia

Quando la guerra di Troia durava già da dieci anni ed era in situazione di stallo. Il troiano Eleno (figlio di Priamo, fratello gemello di Cassandra, capace di vaticinare il futuro) che era stato fatto prigioniero dai Greci, predisse le condizioni per la conquista di Troia, tra le quali che Troia non poteva cadere a meno che Filottete non tornasse a Troia a combattere con l’arco e le frecce avvelenate di Eracle.

I Greci mandarono Diomede e Odisseo-Ulisse (o Diomede e Neottolemo) a riprenderlo. Nel Filottete di Sofocle, Odisseo accompagnato dal giovane Neottolemo, si reca a Lemno per recuperare l’eroe, orchestrando un abile stratagemma: il figlio di Achille dovrà farsi credere in fuga da Troia verso Ftia, perseguitato da Odisseo e dagli Atridi. Il piano di Odisseo ha successo e a Neottolemo, che ha conquistato la fiducia di Filottete, l’eroe malato consegna l’arco; poi, dopo una crisi del male, si addormenta. Tuttavia, Neottolemo, preso da una crisi di coscienza, decide di non partire senza l’eroe, abbandonandolo alla solitudine, al dolore e privo dell’arma necessaria al sostentamento; così, quando Filottete si sveglia, il giovane rivela la verità e, nonostante i rimproveri di Odisseo, restituisce l’arco. L’azione appare a questo punto conclusa: Filottete non andrà a Troia e le armi di Eracle non daranno la vittoria agli Achei. Ma Eracle, apparendo deus ex machina, lo indurrà a cedere, ad andare a Troia e a collaborare alla distruzione della città.

Nella versione di Euripide, Ulisse e Diomede s’impadronirono delle armi con l’inganno, obbligando in tal modo il Peantide disarmato ad accompagnarli, dopo avergli promesso di farlo curare dai figli d’Asklepios. Si narrava, infatti, che una volta giunto sul lido di Troia, fosse guarito dalla ferita al piede da Podalirio, oppure da Macaone. Così, rimesso in sesto, Filottete fu in grado di prendere parte ai combattimenti. A proposito della cura, è tradizione conforme che Apollo avesse fatto cadere Filottete in un sonno profondo, mentre Macaone aveva sondato la ferita e tolto via con un affilatissimo coltello le carni in avanzata necrosi e poi aveva lavato la piaga con vino, prima di applicarvi una pianta, ricevuta in segreto dal centauro Chirone.

Si attribuiscono al valente arciere Filottete molti meriti in guerra; le sue stragi furono considerevoli e le sue vittime eccellenti. Secondo alcuni autori, sarebbe stato lui ad uccidere con le sue frecce Acamante, figlio di Antenore; fino a segnare le sorti della guerra, uccidendo Paride che aveva appena ucciso Achille e stava rientrando in città.

Il ritorno in madrepatria e l’esilio

Filottete viene ricordato anche nell’Odissea, per bocca rispettivamente di Nestore (Odissea III, v. 190) e di Ulisse (Odissea VIII, vv. 219-220), non per la sua ferita, bensì per il suo ritorno in patria e per la sua fama di arciere. Nell’Odissea di Omero figura tra gli eroi privilegiati che avevano ottenuto un νοςτοσ (= ritorno)  felice.

Secondo tradizioni posteriori, rilenti al IV sec. a.C.4, invece, fu scacciato dalla patria (Melibea in Tessaglia) in seguito ad un’insurrezione e, venuto in Calabria lungo la costa a nord di Crotone fondò i centri di Krimisa, Petelia, Macalla e Chone, facendo costruire un tempio a Cirò Marina, l’antica Krimisa, ove depose l’arco e le frecce di Hercules consacrandole ad Apollo.

Lo Pseudo Aristotele((Pseudo-Aristotele è il nome convenzionale dato ai reali, ma sconosciuti autori di una serie di opere filosofiche o trattati di medicina, più di un centinaio, attribuiti in precedenza al filosofo greco Aristotele; Il De mirabilibus auscultationibus è un trattato realizzato dalla Scuola peripatetica)), fornisce notizie sul mito di Filottete in Italía (datazione: intorno al 350 a.C.)

De mir. ausc. 107: [1]. Παρὰ δε τοȋς Συβαρίταις λέγεται Φιλοκτήτην τιμᾱσθαι, κατοικησαι γὰρ αὐτὸν έκ Τροίας ἀνακομισθέντα τὰ καλούμενα Μάκαλλα (mss. Μύκαλλα ο μαλακά) τῆς Κροτωνιάτιδος, & ϕασιν άπέχειν έκατὸν εἰκοσι σταδίων, και άναθειναι ίστορουσι τὰ τόξα τὰ’Ηράκλεια αὐτὸν εις τὸ του’Απoλλώνος τοῡ Άλαίου. ἐκεȋθεν δὲ φασι τοὺς Κροτωνιάτας κατά την έπικράτειαν άναθειναι αύτά εἰς τὸ Απολλώνιον τὸ παρ’αὑτοȋς. [2] λέγεται δέ και τελευτήσαντα ἐκεȋ κεȋσθαι αύτὸν παρά τὸν ποταμὸν τὸν Σύβαριν, βοηθήσαντα’Ροδίοις τοȋς μετά Τληπολέμου εἰς τοὺς ἐκεȋ τόπους ἀπενεχθεȋσι και μάχην συνάψασι πρὸς τοὺς ἐνοικοῡντας των βαρβάρων έκείνην τήν χώραν.

(TRAD) “1. Si dice che presso i Sibariti sia onorato Filottete. Infatti egli di ritorno da Troia fondò nella Crotoniatide la città di Macalla , che, dicono, disti circa centoventi stadi; inoltre narrano che egli consacrò l’arco e le frecce di Eracle nel tempio di Apollo Aleo. Da qui i Crotoniati, durante il loro predominio, li presero e li dedicarono nel santuario di Apollo che si trova presso di loro. 2. Si dice anche che Filottete sia morto in questi luoghi e sia stato sepolto presso il fiume Sibari, dopo aver portato aiuto ai Rodi, che giunsero qui al seguito di Tlepolemo e mossero guerra ad alcuni barbari stanziati nella regione5

Pseudo-Aristotile, capitolo 107 del De mirabilibus auscultationibus

Le vicende dell’eroe tessalo in Italía sono raccontate anche da Strabone (databile intorno al 20 d.C.) che le riprende dallo pseudo-Apollodoro.

Apollod. Ep. 6, 15b6

Philoktetes poi fu spinto in Italia presso i Campani e
avendo combattuto contro i Lucani vicino a Crotone e a Turi
andò ad abitare Krimissa, e avendo smesso di errare
fondò il tempio di Apollo Alaios,
cui dedicò anche il suo arco, come dice Euforione.

Apollod. Ep. 6, 15b6

Estratto dalla Bibliotheca un’antica opera di mitografia greca attribuita ad un Apollodoro d’Atene o pseudo-Apollodoro.

Parlerò dunque in generale, senza fare distinzioni, di quel che ho appreso su questi popoli che abitano nell’interno, vale a dire i Lucani e i loro vicini Sanniti. 
Petelia (Πετηλία) è considerata metropoli dei Lucani (Λευκανούς), ed è ancora oggi piuttosto popolosa. Venne fondata da Filottete (Φιλοκτήτου) dopo che, in seguito ad una disputa politica, era stato esiliato da Melibea (Μελίβοιαν).
E’ in una posizione talmente forte che anche i sanniti l’hanno ulteriormente fortificata contro i Turii.
Anche l’antica Crimisa (Κρίμισσα), che si trova vicino nella regione, venne fondata da Filottete.
Apollodoro, nel suo “catalogo delle navi”, menzionando Filottete … dice che quando egli arrivò nel territorio di Crotone, fondò un insediamento sul promontorio di Crimissa; e nell’entroterra poco distante fondò la città di Chone, da cui quelli che la abitavano vennero chiamati Coni, e che alcuni dei suoi compagni proseguirono sotto la guida del Troiano Egesto verso la regione di Erice in Sicilia ove fortificarono Egesta.

Strabone, Geografia, VI, 1, 2-3

Secondo lo storico romano Giustino (II-III sec. d.C.) , XX 1, 26, invece, Filottete fondò Thuri e la prova di ciò consisterebbe nel fatto che nel tempio di Apollo a Thuri erano conservate le frecce di Eracle, delle quali il proprietario era appunto Filottete (invece per Diodoro Siculo, XII 35,3 l’ecista di Thuri era, invece, il dio Apollo):

Thurinorum urbem condidisse Philocteten ferunt; ibique adhuc monumentum eius visitur, et Herculis sagittae in Apollinis tempio, quae fatum Troiae fuere.

Giustino, XX, 1, 16-2,1: 1, 16

La versione che ha più elementi in comune con il racconto dello Pseudo-Aristotele è quella presente nei versi 911-929 dell’Alessandra di Licofrone (databile al III sec. d.C.):

V. 911 Alexandra di Licofrone con commentario di Tzetzes – versione edita da E. Scheer((Maria Luisa Napolitano – Philoktetes ed Euforione, 2011, p. 38))

Philoktetes fu spinto poi in Italia (giungendo) presso i Campani e dopo aver com-
battuto contro di essi (II: contro i Lucani) vicino a Crotone e a Turi (?) si insediò a Krimissa e avendo posto fine all’errare fondò il tempio di Apollo Alaios, dedicò a lui anche l’arco (come dice Euforione)

V. 911 Alexandra di Licofrone con commentario di Tzetzes – versione edita da E. Scheer((Maria Luisa Napolitano – Philoktetes ed Euforione, 2011, p. 38))

Qui Tzetzes richiama Euforione di Calcide, nella cui poetica figura un Philoctetes, un’opera di Euforione “nota a Tzetzes e alla tradizione scoliastica licofronea”.

Le correnti dell’Esaro e Crimisa, piccola città d’Enotria,
accoglieranno la vittima della vipera, lo spegnitore della fatale fiaccola –
la stessa Atena trombettiera dirigerà con le sue mani la punta della freccia che scocca dall’arco Meotide –
una volta, sulle rive del Dira, per avere bruciato l’ardito leone,
armò le sue mani del terribile serpe, lo strumento Scita dai denti inevitabili.”.

Ciaceri, E. (trad.). (1901). La Alessandra di Licofrone (di Calcide, autore del IV secolo a.C.), 909-929. Catania, pp. 105-106)

Virgilio, nel III libro dell’Eneide (databile al 19 a.C.), riporta la profezia dell’indovino Eleno, uno dei figli di Priamo, ad Enea, profugo da Troia, distrutta dagli Achei, che si accingeva a partire dall’Epiro, attribuendo la formazione di Petelia a Filottete, unica delle città filottee che era sopravvissuta all’occupazione romana della Calabria):

“Le rive e terre d’Italia, queste che il mare bagna qui avanti, vicine, fùggile; son tutte in mani nemiche, abitate dai Greci malvagi.
(…).
Qui Filottete duce di Melibea fondò su la rupe le mura di Petelia …”

“Has autem terras Italique hanc litoris oram, proxima quae nostri perfunditur aequoris aestu, effuge; cuncta malis habitantur moenia Grais.
(…).
Hic illa ducis Meliboei parua Philoctetae subnixa Petelia muro.

Lo Pseudo-Aristotele e Licofrone riportano una successione di eventi molto simile ed entrambi e li ambientano nell’area che comprende i territori di Sibari e Crotone. Da una lettura attenta dei passi si può notare, però, che nei versi dell’Alessandra prevalgono elementi topografici, quali Crimisa e i fiumi Esaro e Neto, che rimandano a Crotone, mentre nel De mirabilibus auscultationibus si dice che esisteva un culto di Filottete a Sibari e che l’eroe era sepolto nei pressi del fiume Sibari.

Il Musti perciò ipotizza che Licofrone abbia acquisito le sue informazioni da una fonte favorevole ai Crotoniati, mentre lo Pseudo Aristotele da una fonte favorevole ai Sibariti. Secondo Giangiulio, la fonte di Licofrone potrebbe essere Timeo((Timeo è uno storico greco siciliano (n. 356 a. C. circa – m. 260 a. C. circa). Autore delle Storie o Sikelikà, in 38 libri, che trattava l’Occidente greco, delineandone una storia dalle origini mitiche alla morte del suo nemico Agatocle nel 289, arrivata a noi solo in forma frammentaria, ma popolarissima nell’antichità e fonte fondamentale per la narrazione della storia occidentale in Diodoro Siculo.)), mentre quella dello Pseudo Aristotele potrebbe essere Lico di Reggio((Lico di Reggio vissuto tra il IV e il III secolo a.C., storico greco antico)); entrambe le fonti raccoglierebbero diverse tradizioni locali((Per i riferimenti bibliografici su questo si rinvia alla fonte da cui è stata estratta questa valutazione: Annalisa d’Onofrio, Tesi di dottorato “Le conoscenze sull’Occidente magno-greco e siciliano nella Scuola di Aristototele“, 2018, pp. 67-68)); questi autori sono vissuti in età ellenistica, in una fase in cui le città indigene del territorio di Filottete, da tempo aperte a scambi commerciali e culturali con Kroton, si erano ormai ellenizzate, pur essendo materialmente dominate dai Brettii, in un clima che favoriva la formazione di leggende tese ad assicurare una antichità ai centri indigeni. Ciò, unitamente all’assenza di rappresentazioni di Filottete (monetazione, arti figurative e letterarie) relative a questa età e nei secoli precedenti porta a ritenere che queste “tradizioni locali” sulle avventure occidentali di Filottete potrebbero essere sorte in questa fase storica.

Per approfondire l’argomento proseguire sulla pagina: Il territorio e le città di Filottete

Lo spostamento dell’arco e delle freccie di Heracle dal tempio di Apollo Alaios

Le fonti riportano in maniera controversa questo epidodio. Si ritiene che si tratti di una manifestazione dei contrasti sorti tra Sibari e Crotone nel VI secolo a.C. ed è stata oggetto di diverse interpretazioni.

Secondo Musti l’espressione παρ’αὐτοῖς utilizzata dallo Pseudo Aristotele andrebbe riferita a Sibari; pertanto le armi dell’eroe sarebbero state spostate dal tempio di Apollo Aleo nella Crotoniatide ad un altro Apollion di Sibari. A supporto di questa ipotesi lo studioso richiama il passo di Giustino citato precedentemente, nel quale si dice che nel tempio di Apollo a Thuri, che altro non è che la “nuova Sibari”. Sempre partendo da Giustino si dovrebbe ipotizzare, secondo lo studioso, che tale spostamento sia avvenuto dopo la fondazione di Thuri.

Diversi altri studiosi, a partire dal Lacroix, sono dell’opinione, forse più probabile, che, invece, lo spostamento debba essere avvenuto da Sibari a Crotone, forse in un tempio dedicato ad Apollo (ma questa struttura templare non è stata identificata nella città((Come specificato nell’articolo: Il culto e i Santuari di Apollo a Kroton )) ). Ad esempio Camassa afferma che attraverso l’adozione del culto dell’eroe tessalo, che “già doveva essere presente nell’Italia meridionale prima dell’arrivo dei Greci”, i Sibariti “potevano forse rivendicare a legittimo titolo il possesso del territorio posto a mezzogiorno e promuovere forme di integrazione, di osmosi con le popolazioni indigene”. In questo caso, perciò, a differenza di quanto sostenuto da Musti, il trasferimento delle frecce di Filottete dovrebbe essere avvenuto successivamente alla sconfitta sibarita del 510 a.C. e avrebbe avuto il significato simbolico di sancire il passaggio dell’egemonia sulla Sibaritide a Crotone7.

La morte di Filottete

Controversa sono anche le citazioni sulla morte di Filottete.

I Sibariti, poichè Filottete veniva sentito come eroe proprio al quale si facevano risalire le origini della città, lo presentano come morto in combattimento contro i barbari presso il Sibari. La principale tradizione vuole, invece, che l’eroe, che aveva operato nella Crotoniatide, tra Crimisa e l’Aisaros, morì combattendo per mano di Ausoni Pelleni((Gli Ausoni erano una popolazione italica stanziata nell’Italia meridionale, di origine indoeuropea. Le prime colonie greche stanziatesi nel territorio italiano incontrarono 3 grandi popolazioni: Ausoni, Enotri e Japigi. Gli Ausoni, esistevano già intorno al 1600 a.C., cioè all’inizio del Bronzo medio. L’Ausonia era il loro territorio, si estendeva dal basso Lazio fino alla Calabria, abitavano le terre della Campania fino al fiume Sele; gli Enotri vivevano nel territorio a sud e gli Japigi nell’attuale Puglia (a essi si affiancava un’altra popolazione enotria, quella dei Choni). Fra queste, quelle degli Ausoni e degli Enotri rappresentano, secondo le fonti, le più antiche popolazioni italiche dominanti e che avevano nell’VIII secolo a.C. ormai raggiunto una loro stabilità territoriale.
I Pelleni, sono gli Achei di un preciso contesto peloponnesiaco (abitanti della penisola calcidese di Pallene, dove hanno fondato Skione), ma designano gli Achei in generale. Se dunque Pellenioi sta per Achei, Ausones serve a indicarne la localizzazione; si trattarebbe perciò dei coloni delle città achee d’Italia (rif. M. Giangiulio – Filottete tra Sibari e Crotone, 2011, nota 25.) divenuti oramai indigeni dell’Ausonia)), popolazione achea già presente nella zona del Nauaithos((in relazione alla leggenda delle donne troiane che incendiano le navi alla foce del Neto)) vicino Crotone prima della colonizzazione greca((Licofrone, Alessandra, vv.910-929)), in difesa dei Rodii che volevano stanziarsi nell’Italia meridionale, ma sbarcati erano stati attaccati da indigeni((Alfonso Mele – Crotone e la sua storia – in Atti XXIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia. Taranto 7-10 Ottobre 1983 – p. 36-37)). I Rodii erano guidati da Tlepolemo((Tlepolemo è un personaggio della mitologia greca, figlio di Eracle e di Astioche. Per sfuggire a una vendetta familiare per aver ucciso lo zio Licimnio, si sarebbe rifugiato nell’isola di Rodi ed avrebbe fondato le città di Lindo, Ialiso e Camiro di cui divenne il sovranno. Secondo Pindaro invece, Tlepolemo era figlio di Astidamia e sarebbe partito per l’isola di Rodi in seguito al responso di un oracolo)) – figlio di Eracle – al quale Filottete sembra legato da un’amicizia a dir poco inscindibile.

A secondo dei diversi autori la sua tomba viene proposta in vari luoghi, ma di fatto non è stata mai trovata, per quanto possa essere reale un luogo di sepoltura di un personaggio non storico ma mitologico-letterario!.

Segue il testo di Licofrone 909-929.

Ciaceri, E. (trad.). (1901). La Alessandra di Licofrone (di Calcide, autore del IV secolo a.C.), 909-929. Catania, pp. 105-106).

“Caduto in battaglia, il Crati vedrà la sua tomba /
ai lati del santuario del dio Aleo, Patareo, /
dove il Neto scarica le sue acque. /
Lo uccideranno i Pelleni d’Ausonia, quando /
verrà in aiuto dei comandanti di Lindo, /
spinti lontano dal Termidro e dalle montagne /
carpazie dalla canina bufera di Trascia, /
e destinati ad abitare una terra straniera. /
A Makalla la gente del luogo costruirà  un grande /
santuario sulla sua tomba e lo onoreranno /
sempre come un dio, con libagioni e sacrifici di buoi.”

Da A. Marandino – Scrivere e leggere l’Alessandra di Licofrone: sulle tracce dei papiri, Tesi DR, 2010, pp. 31-32

l’ ardente cane Trascia lo spingerà
a errare lontano da Termidoro e dai monti di Carpato
in cerca di una terra da abitare straniera ed estranea.
Gli abitanti di Macalla, costruiranno
sulla sua tomba un grande recinto sacro,
venerandolo per sempre come un dio,
lo onoreranno con libagioni e sacrifici di buoi.

Si rinvia alle pagine richiamate dello studio di A. Marandina, per l’analisi dettagliata del testo.

Analogamente a quanto si ritiene per la fondazione di Crotone, con il mito della predizione di Herakles con il caso dell’uccisione involontaria di Kroton da parte del semidio, che lascerebbe intendere un tipo di relazioni “aggressive” proprie della colonizzazione achea, nei confronti delle popolazioni indigene, l’uccisione di Filottete per mano degli indigeni suggerisce un contatto difficile o, ancor di più, il rifiuto violento del contatto con i greci da parte degli indigeni. Gli indigeni sarebbero riusciti, per un certo periodo di tempo, ad opporsi alla colonizzazione greca. Solo in una fase tarda vi sarebbe stato una qualche forma di controllo politico e sicuramente culturale, introitando culti estranei al contesto indigeno, ma anche elementi mitologici tratti dalla folta schiera dei personaggi minori del ciclo omerico; Filottete, come Epeo e Polites, sono portatori di qualche caratteristica negativa che li allontana dal prototipo dell’eroe greco kalos kagathos8 ma che li avvicina, invece, agli indigeni; Filottete e Polites, nelle elaborazioni locali delle rispettive vicende mitiche, risultano essere stati uccisi dagli indigeni e, dopo un certo tempo, diventano  oggetto di culto 9.

Opere letterarie antiche e contemporanee

Il mito di Filottete è uno di quelli che sappiamo essere stati più di sovente trattati e “con predilezione rimaneggiati” dagli antichi poeti drammatici: iniziò a dramatizzarlo Eschilo, con una tragedia dedicata a Filottete rappresentata dopo il 485 a.C. ad Atene, alla quale seguirono Euripide, Sofocle, Acheo di Eretria, Filocle (nipote di Eschilo), Teodecte ed Accio.
Venne rappresentata anche da autori comici come Epicarmo di Siracusa, Strattis ed Antifane.
Oggi di tutte queste opere per intero è rimasto il solo divulgatissimo dramma di Sofocle, mentre degli altri o conosciamo appena l’ esistenza o abbiamo conservato, tult’al più, qualche raro e breve frammento10.

Le reinterpretazioni moderme e contemporanee del mito sono molteplici. L’esposizione richiede uno spazio articolato. La saga dell’eroe ha una sua debole ripresa unicamente nella letteratura umanistico-rinascimentale. In età moderna vi è un nuovo interesse verso la figura dell’eroe, adattata alle diverse ideologie, esclusivamente nella pittura illuministica, neoclassica e risorgimentale.
La letteratura e gli autori teatrali contemporanei ripartono in particolare dalla versione Sofoclea, e tra questi (l’elencazione è sicuramente parziale): Philoctète ou le traité des trois morales di Gide (1898), Rudolf Kassner (Philoktet, 1904), Karl von Levetzow (L’arco di Philoktet, 1909), Rudolf Pannwitz (Philoktetes, 1913), Bernt von Heiseler (Philoktet, 1947), Heiner Müller (Philoktet, 1965) ), James Baxter (L’uomo dai piedi doloranti, 1967), Tom Stoppard (Terra neutra, 1968), Walter Jens (Il colpo fatale, 1974), Sydney Bernard Smith (Sherca, 1979), Oscar Mandel (L’evocazione di Filottete, 1981), Seamus Heaney (The Cure at Troy, 1990). Prospettiva: Jean-Pierre Siméon: Philoctète (2010). Tom Stoppard (Terre neutre, 1968), Walter Jens (Der tödliche Schlag, 1974), Sydney Bernard Smith (Sherca, 1979), Oscar Mandel (L’evocazione di Filottete, 1981), Seamus Heaney (The Cure at Troy, 1990). Prospettiva: Jean-Pierre Siméon: Philoctète (2010). Tom Stoppard (Terre neutre, 1968), Walter Jens (Der tödliche Schlag, 1974), Sydney Bernard Smith (Sherca, 1979), Oscar Mandel (L’evocazione di Filottete, 1981), Seamus Heaney (The Cure at Troy, 1990). Prospettiva: Jean-Pierre Siméon: Philoctète (2010).

Bibliografia

  1. MELIBEA, in gr. Μελίβοια. Località della Grecia, in Tessaglia, ricordata nell’Iliade tra quelle che parteciparono alla guerra di Troia. Nel Catalogo delle navi dell’Iliade si dice che le sue truppe erano capeggiate da Filottete, che vi era nato. E’ tra le località costiere oltrepassate dalla nave Argo durante la spedizione degli Argonauti verso la Colchide alla ricerca del vello d’oro (Apollonia Rodio, Argonautiche, I, 592). Fonte: Anna Ferrari, Dizionario dei luoghi del mito, 2012 []
  2. Pomponius Mela – De chorographia libri tres, a cura di Piergiorgio Parroni, Roma 1984, p. 302 []
  3. L’isola di Lemno viene descritta nelle avventure degli Argonauti, gli eroi leggendari della spedizione per il recupero del vello d’oro. Lemno rappresentò la prima tappa e la prima vicenda della loro avventura. Si trattava di un’isola abitata da sole donne: tutti gli uomini, infatti, erano stati sterminati dalle loro donne, come conseguenza di una punizione proveniente da Afrodite, offesa dalla trascuratezza in cui versava il suo culto. []
  4. Pseudo-Aristotele. Strabone, Geografia VI, p. 175. Virgilio Eneide, III, 401-402 []
  5. La traduzione è ripresa da Aristotele, De mirabilibus auscultationibus, Edizioni Studio Tesi, 1997, A cura di Gabriella Vanotti, pp. 48-51 []
  6. Maria Luisa Napolitano – Philoktetes ed Euforione, 2011, p. 40 [] []
  7. Per i riferimenti bibliografici su questo si rinvia alla fonte da cui è stata estratta questa valutazione: Annalisa d’Onofrio, Tesi di dottorato “Le conoscenze sull’Occidente magno-greco e siciliano nella Scuola di Aristototele“, 2018, p. 68 []
  8. καλός κἀγαθός, cioè “bello e buono” inteso come “valoroso in guerra” e come “in possesso di tutte le virtù”, espressione kalokagathìa che indica nella cultura greca del V secolo a.C. l’ideale di perfezione fisica e morale dell’uomo []
  9. G.F. La Torre – Le popolazioni indigene della Calabria all’epoca della colonizzazione (2004), p. 490-491 []
  10. Luigi Adriano Milani – Il mito di Filottete nella letteratura classica e nell’arte figurata. 1879, p. 31 []