Ercole, Miscello, Apollo Pizio e la fondazione di Crotone

La fondazione dell’antica Kroton sarebbe avvenuta intorno al 709/710 a.C. sulle sponde del fiume Esaro, dal capo fondatore (ecista) Miscello. Dai racconti puntuali degli storici dell’antica Grecia, come Diodoro Siculo, Dionigi di Alicarnasso e Strabone, si traccia un quadro completo del contesto storico e mitologico della fondazione dell’antica Kroton e delle vicessitudini di Miscello.

Sulla figura di Miscello e sul suo luogo di provenienza vedere l’articolo: Miscello da Ripe

La colonizzazione achea((Gli Achei (gr. ᾿Αχαιοί) è il nome con cui nei poemi omerici spesso si designa tutto il popolo greco; ma già nell’VIII secolo con questo nome si indicano i soli abitanti dell’Acaia e della Ftiotide)) mise in atto il secondo grande flusso migratorio diretto in Occidente, dopo quello degli Eubei((L’Eubèa è un’isola della Grecia, situata nel Mare Egeo, adiacente a parte della costa sud-orientale della penisola, con capoluogo Calcide; Achei e Eubei sono popolazioni distinte nell’Iliade e nell’Odissea; gli Eubei sono marinai esperti ed abili mercanti; pe un approfondimento: C. Bearzot – F. Landucci “Gli Eubei nel Mediterraneo, in Tra il mare e il continente: l’isola d’Eubea” (2013) )) volti al golfo di Napoli (Pitecusa, Cuma) e nello stretto di Messina (Zancle, Reggio), concentrandosi invece in un primo momento lungo la costa ionica (Metaponto, Posidonia, Sibari, Crotone). Della fondazione Achea parlano esplicitamente sia Strabone (6.1.12) che Erodoto (8.47), mentre lo Pseudo-Scimno riferisce di una colonia Peloponnesiaca1. La colonizzazione achea dell’Italia, partita nel VIII secolo a.C. rispondeva a esigenze di carattere sociale e politico, ma come meglio dettagliato nell’articolo di approfondimento su Miscello e sugli Achei, le motivazione delle spedizioni oltremare e delle nuove fondazioni non sono così chiare come tradizionalmente viene riportato.

Le leggende di fondazione delle colonie ache presentano una netta divisione fra Metaponto e Posidonia – più inclini all’utilizzo di un patrimonio mitico di ascendenza eolico-tessala (Eolo e la sua discendenza di ramo maschile, Sisifo, Creteo e Atamante, e femminile, Melanippe) – e Crotone e Sibari, colonie maggiormente permeate di tradizioni risalenti alla leggenda troiana (Filottete, Miscello). Nel primo caso le tradizioni sono da riconnettere con notevole verosimiglianza alla coscienza comune achea di una diretta provenienza dagli achei della Tessaglia e riconducibile, quindi, al momento stesso delle fondazioni coloniali, come risposta alla necessità di auto-definizione avvertita dalle colonie di recente formazione.

Invece per Crotone e Sibari le leggende derivate dalla saga troiana non sembrano avere occupato un posto di notevole rilievo nella costituzione del patrimonio mitico-cultuale cittadino, ma, piuttosto, specialmente nel caso di Crotone, sembra che i dettagli leggendari siano stati sempre sapientemente utilizzati alla luce delle contingenze socio-politiche molto dopo la fondazione. In particolare, gli eroi e gli episodi troiani sembrano comparire solo dal momento della battaglia della Sagra fino al conflitto con Sibari, come richiami mitici di riferimento((Claudia Lucchese, Relazioni e scambi fra Grecia, Magna Grecia e Sicilia nel V secolo, Tesi di Dottorato UniNa, 2012, Relazioni e scambi fra Grecia, Magna Grecia e Sicilia nel V secolo)).

I fondatori non sono eroi mitologici, ma personaggi storici, poi mitizzati dalle colonie. Era un culto patriottico attorno al quale incentrare le proprie origini storiche e l’identità della città, che, per definizione, non poteva essere importato da una città madre e che era impossibile da condividere con gli altri. Tuttavia, nel corso della loro esistenza, alcune colonie greche furono non più soddisfatte di un tale focus umano-eroico, ed è subentrato un pantheon mitologico comune o almeno antico quanto il pantheon panellenico: per Crotone, sono questi i riferimenti ad Apollo, a Filottete e infine ad Herakles2.

Per Alfonso Mele “le tradizioni di fondazione nell’attribuire ad Apollo e/ o ad Herakles la responsabilità della colonia e della sua localizzazione risentono, perciò, di più tarde preoccupazioni: tendono, in altri termini, da un lato ad assolvere la patria achea dalla responsabilità di aver allontanato i coloni dalla loro terra d’origine, dall’altro a frenare spinte espansionistiche verso la Sibaritide, quali in effetti a partire dalla fine del VI secolo a Crotone, tra aspri contrasti, si manifestarono“((Alfonso Mele, Magna Grecia. Colonie achee e pitagorismo, Luciano Ed., 2009, pp. 111-112)).

Le diverse leggende mitiche sulla fondazione di Crotone non si formano contemporaneamente nel contesto cittadino, e gli autori che le riportano appartengono a diverse epoche; alcune sembrano contraddirsi tra di loro, ma è possibile comunque seguire un filo logico che le collega, potendo quasi affermare che ciascuna tradizione sulla fondazione riporta un aspetto diverso della realtà storica. Per questo è necessario riportare tali tradizioni seguendo un ordine cronologico degli eventi ai quali dovrebbero riferirsi.

L’incendio delle navi al Neto

L’episodio dell’incendio delle navi delle troiane presso il fiume Neto non rappresenta un legame diretto con la fondazione Kroton, ma riferisce di tradizioni di fondazioni antecedenti di qualche secolo alla venuta di Miscello, nell’epoca delle fondazioni di Filottete. E’ una tradizione che introdurrebbe piuttosto alla presenza di popolazioni oramai indigene presso il fiume Neto al momento dell’arrivo di Miscello, che però non ha sostanziali riscontri archeologici.

Dicono abbia avuto questa denominazione da un fatto avvenuto là. Raccontano infatti che alcuni Achei, al ritorno dalla spedizione di Troia, errando qua e là furono spinti in questi luoghi e vi approdarono per esplorarli. Le donne troiane che navigavano con loro, quando si accorsero che le navi erano vuote di uomini, le incendiarono, perché erano stanche di navigare, così quelli furono costretti a rimanere qui tanto più che avevano anche potuto constatare la fertilità della terra.
Presto vi giunsero anche parecchi altri della stessa stirpe, che seguirono il loro esempio e fondarono molte colonie a cui posero per lo più nomi uguali a quelli di fiumi (il fiume Neeto derivò il suo nome dall’incendio).

(Strabone, Geografia, VI, 1, 12)

Il Neto – in greco Νέαιθος interpretabile come «incendio delle navi» – costituisce il principale corso d’acqua dell’area. Non lontano dalla foce e nei dintorni vi sarebbe stata la fondazione di numerosi insediamenti, che vi sarebbero stati realizzati ad opera di Achei giunti in zona dopo essersi staccati dalla flotta greca di ritorno da Troia, e a seguito dell’incendio delle navi da parte delle prigioniere troiane che essi portavano con sé, le quali avrebbero dato il nome a molti di tali insediamenti. E’, peraltro, immediatamente dopo aver riferito tale vicenda, che Strabone introduce, con la solita formula «φησὶ δ ̓ Ἀντίοχος», la versione antiochea della fondazione di Crotone (Rif. Mario Lombardo – Le fondazioni achee in Italia meridionale, 2011). Si tratta delle popolazioni che la tradizione storico-letterararia identifica con gli Ausoni Pelleni, ovvero i Pelleni (popolazione achea abitanti della penisola calcidese di Pellene, dove hanno fondato Σκιώνη) che abitavano la terra di Ausonia((Gli Ausoni (Αὔσονες) erano una popolazione italica stanziata nell’Italia meridionale, di origine indoeuropea. Le prime colonie greche stanziatesi nel territorio italiano incontrarono 3 grandi popolazioni: Ausoni, Enotri e Japigi. Gli Ausoni, esistevano già intorno al 1600 a.C., cioè all’inizio del Bronzo medio. L’Ausonia era il loro territorio, si estendeva dal basso Lazio fino alla Calabria, abitavano le terre della Campania fino al fiume Sele; gli Enotri vivevano nel territorio a sud e gli Japigi nell’attuale Puglia (a essi si affiancava un’altra popolazione enotria, quella dei Choni). Fra queste, quelle degli Ausoni e degli Enotri rappresentano, secondo le fonti, le più antiche popolazioni italiche dominanti e nell’VIII secolo a.C. avevano ormai raggiunto una loro stabilità territoriale.))34. Dopo le fondazioni di Filottete nel territorio tra la Krimisa ed il Neto, gli Ausoni Pelleni si oppongono alla colonizzazione dei Rodii, guidati da Tlepolemo((Tlepolemo è un personaggio della mitologia greca, figlio di Herakles,. Per sfuggire a una vendetta familiare per aver ucciso lo zio Licimnio, si sarebbe rifugiato nell’isola di Rodi ed avrebbe fondato le città di Lindo, Ialiso e Camiro di cui divenne il sovrano. Secondo Pindaro invece, Tlepolemo era figlio di Astidamia e sarebbe partito per l’isola di Rodi in seguito al responso di un oracolo)) – figlio di Herakles; Filottete, amico di Herakles, cercherà di aiutarlo, ma negli scontri troverà la morte . Le città da lui fondate (Krimisa, Chone, Petelia, Makalla) però continueranno a rimanere attive.

Non si hanno altre informazioni dalle tradizioni storico-letterarie più dettagliate sull’origine delle comunità indigene preesistenti – presso l’Esaro – all’arrivo di Miscello, o più precisamente all’epoca delle sue diverse spedizioni prima della fondazione definitiva. Diverse informazioni arrivano invece dalla ricerca archeologica, ma per approfondire questo argomento si rinvia a pubblicazioni più specifiche:
– Domenico Marino – Le vele degli Achei (2006)
– Domenico Marino – Prima di Kroton (2008)
– Salvatore Medaglia – Carta archeologica della provincia di Crotone (2010), paragrafo “L’età del Ferro”
informazioni che parzialmente sono esposte in sintesi più avanti in questo articolo.

Pur se tali indagini archeologiche non sono così esaustive, appare certo che la colonizzazione per opera degli Achei guidati da Myskellos di Rhype, nella seconda metà dell’VIII secolo a.C., ebbe un impatto sull’organizzazione insediativa e sulla struttura economica e sociale delle comunità indigene notevolmente diversificato nell’ambito del territorio, poichè nella Crotoniatide scompaiono i 5/6 degli insediamenti preesistenti con le eccezioni dei siti Cirò superiore e delle Murge di Strongoli, mentre gli antichi corredi della necropoli di Carrara evidenzierebbero una più o meno diffusa pratica di matrimoni misti tra Greci e donne indigene, sin dalla prima generazione di coloni.

La spedizione di Miscello con Archia

Il racconto di questa spedizione si deve a Strabone (Strabone, Geografia, VI, 2, 4)

“Siracusa fu fondata da Archia, che vi giunse navigando da Corinto, all’incirca nello stesso tempo in cui furono fondate Naxos e Megara. Si narra che Miscello ed Archia si recarono insieme a Delfi ed il dio chiese loro se preferivano la ricchezza o la salute.
Archia preferì la ricchezza, Miscello invece la salute.
Il dio allora concesse al primo di fondare Siracusa ed al secondo Crotone. Per questo accadde, come già ho detto, che i Crotoniati abitarono una città assai salubre, mentre Siracusani giunsero a tale ricchezza che anch’essi passarono in proverbio, allorchè si diceva, per quelli troppo ricchi, che per loro non sarebbe stata sufficiente neanche la decima dei Siracusani”.

Τὰς δὲ Συρακούσσας Ἀρχίας μὲν ἔκτισεν ἐκ Κορίνθου πλεύσας περὶ τοὺς αὐτοὺς
χρόνους οἷς ᾠκίσθησαν ἥ τε Νάξος καὶ τὰ Μέγαρα. ἅμα δὲ Μύσκελλόν τέ φασιν εἰς Δελφοὺς
ἐλθεῖν καὶ τὸν Ἀρχίαν· χρηστηριαζομένων δ’ ἐρέσθαι τὸν θεόν, πότερον αἱροῦνται πλοῦτον
ἢ ὑγίειαν· τὸν μὲν οὖν Ἀρχίαν ἑλέσθαι τὸν πλοῦτον, Μύσκελλον δὲ τὴν ὑγίειαν· τῷ μὲν δὴ
Συρακούσσας δοῦναι κτίζειν τῷ δὲ Κρότωνα. καὶ δὴ συμβῆναι Κροτωνιάτας μὲν οὕτως
ὑγιεινὴν οἰκῆσαι πόλιν ὥσπερ εἰρήκαμεν, Συρακούσσας δὲ ἐπὶ τοσοῦτον ἐκπεσεῖν πλοῦτον
ὥστε καὶ αὐτοὺς ἐν παροιμίᾳ διαδοθῆναι, λεγόντων πρὸς τοὺς ἄγαν πολυτελεῖς ὡς οὐκ ἂν *
ἐκγένοιτο αὐτοῖς ἡ Συρακουσσίων δεκάτη. πλέοντα δὲ τὸν Ἀρχίαν εἰς τὴν Σικελίαν
καταλιπεῖν μετὰ μέρους τῆς στρατιᾶς τοῦ τῶν Ἡρακλειδῶν γένους Χερσικράτη
συνοικιοῦντα τὴν νῦν Κέρκυραν καλουμένην, πρότερον δὲ Σχερίαν. ἐκεῖνον μὲν οὖν
ἐκβαλόντα Λιβυρνοὺς κατέχοντας οἰκίσαι τὴν νῆσον, τὸν δ’ Ἀρχίαν κατασχόντα πρὸς τὸ
Ζεφύριον τῶν Δωριέων εὑρόντα τινὰς δεῦρο ἀφιγμένους ἐκ τῆς Σικελίας παρὰ τῶν τὰ
Μέγαρα κτισάντων ἀναλαβεῖν αὐτούς, καὶ κοινῇ μετ’αὐτῶν κτίσαι τὰς Συρακούσσας.

Strabone tiene così unite le due polis, Siracusa e Crotone, così significative per l’età classica in un intreccio di viaggi che finisce inevitabilmente per coinvolgere anche Corcira, lungo quella rotta che sin dagli storici di V secolo a.C. è indicata come itinerario normale per chiunque volesse recarsi dalla Grecia alla Sicilia e che doveva costituire sin dalle età più antiche, per la sua maggiore praticabilità e sicurezza, la via d’accesso privilegiata alle coste italiote e siceliote5. Alcuni dettagli di questa versione della fondazione – presenti in Strabone, Stefano Bizantino, ed altri – per M. Giangiulio è però di introduzione tarda (V-IV sec.) e da mettere in relazione ai contrasti tra Crotone e Siracusa, poichè la contemporanea consultazione di Archia e Miscello, e la scelta tra un’alternativa tra la ‘salute’ crotoniate e la ‘ricchezza’ siracusana presuppone “il compiuto sviluppo storico delle due città ed in più risulta estraneo alla temperie cultuale arcaica”; dunque, “l’elemento centrale della fondazione da parte di Miscello è tutta imperniata sul ruolo svolto dall’oracolo delfico6.

Se si mantiene l’ipotesi del consulto congiunto Archia-Miscello, secondo le valutazioni di L.Braccesi,7, considerata la datazione della fondazione di Siracusa, questo viaggio di Miscello con Archia è databile intorno al 733, ove troverebbe presso Crotone un insediamento preesistente “che coinvolge coloni spartani“(( Lorenzo Braccesi – Miscello e le tre spedizioni a Crotone (1998) , p.15)). In questo viaggio di perlustrazione delle costa ionica, Crotone viene indicato come un luogo salutare per la fondazione di una città. Crotone diventò infatti famosa per i suoi atleti ed i medici.

Le due successive spedizioni di Miscello, sarebbero da collocare una ventina di anni dopo questa prima spedizione, un periodo di tempo abbastanza ampio per configurare Miscello come un navigatore esperto al servizio dell’oracolo di Delphi.

Per il dettaglio delle citazioni vedere più avanti nel testo alla sezione “Miscello da Rhypes, l’ecista involontario“.

Il ruolo dell’oracolo di Delphi

Le fonti antiche (Strabone, Platone, Cicerone) evidenziano un ruolo centrale della consultazione di un oracolo pizio come presupposto della fondazione delle colonie greche, prevalentemente dell’oracolo presso il Santuario di Apollo pizio a Delphi.

Per J. Defradas questa era solo una “propaganda delfica” legata al desiderio del clero di Delfi di aumentare la gloria del santuario. Uno studio di M.Lombardo in effetti evidenzia che le tradizioni di fondazione basate su uno o più oracoli, o comprendenti uno o più responsi oracolari delfici. riguarda un numero discreto di colonie distribuite irregolarmente nelle varie aree interessate dalla colonizzazione greca e nei diversi periodi in cui essa trova sviluppo; ma tale numero ammonta a 13 – 14, che costituisce una percentuale assai esigua del numero complessivo delle ‘colonie’ fondate dai Greci tra l’VIII e il IV secolo a.C., che è stato calcolato in oltre 140-150. Tali tradizioni attestano, dunque, l’intervento di Delphi al più nel 10% circa dei casi.

Limitandosi alla fondazione delle solo colonie occidentali, l’intervento dell’oracolo delfico nella risulta attestato per Alalia (Hdt. 1, 165, 1; 1, 167, 4), Crotone (Zenob. 3, 42; D.S. 8, 17; Strabo 6, 1, 12; 6, 2, 4), Taranto (D.S. 8, 21; Strabo 6, 3, 2; D.H. Ant. Rom. 19, 1; Paus. 10, 10, 6-8), Reggio (D.S. 8, 23, 2; Strabo 6, 1, 6), Gela (D.S. 8, 23, 1), Siracusa (Paus. 5, 7, 3) nonché, seppur in forma non esplicitamente ‘delfica’, per Thurii (D.S. 12, 10,4-6)8.

RegioneColonia
Estremo OccidenteAlalia
SiciliaSiracusa, Gela, Eraclea di Sicilia
Italia MeridionaleCrotone, Taranto, Reggio Thurii
LibiaCirene
TraciaTaso, Abdero, Chersoneso
PropontideBisanzio
PontoEraclea Pontica
Colonie greche con tradizioni di fondazione oracolari

Il mondo coloniale greco (estratto). Sono evidenziate le colonie per le quali è attestata una tradizione oracolare di fondazione. Fonte. M. Lombardo – Delfi e la colonizzazione in Occidente (2011)

Le evidenze archeologiche finora rinvenute a Delphi non risultano incompatibili con l’ipotesi di un possibile ruolo del santuario oracolare delfico su scala regionale già nell’VIII secolo, ma di sicuro il VI secolo a.C. è quello che vede l’esplosione monumentale e relazionale del santuario; si tratta di una fase successiva alle prime fondazioni in cui sono numerose le evidenze, di varia natura, che testimoniano significative forme di interrelazione sviluppatesi tra le città di origine coloniale e il santuario pitico9.

In Acaia, dove ebbero origine i fondatori di Crotone, non è però presente il culto di Apollo pitico; questo rende improbabile che il culto di Apollo sia stato istituito in città fin dalla fondazione. Opinione più comune tra gli studiosi è che l’orientamento pitico nel simbolismo crotoniate si sviluppa piuttosto nel corso del VI secolo, segnato dalle due consultazioni successive alla distruzione di Siris (intorno al 570-565 a.C.) e alla vigilia della battaglia della Sagra (tra il 560 e il 530 a.C.).

La svolta pitica è ben attestata dalla monetazione della città che prese come emblema il tripode in un momento in cui questo oggetto costoso divenne il simbolo dell’oracolo di Delfi (VI sec.). L’arrivo di Pitagora a Crotone (intorno al 530 a.C.) ha chiaramente accelerato un processo già in atto. La locale leggenda di fondazione intorno all’ecista Miscello fu poi rivista nel contesto della controversia con Sibari e collocata nel contesto delfico che allora si rendeva necessario10.

La predizione di Herakles

Presentiamo dapprima la predizione di Herakles sulla fondazione di Kroton, perchè nella lettura complessiva dei miti di fondazione avverrebbe in un tempo precedente all’arrivo di Miscello, anche se questa parte dei miti di fondazione è stata introdotta più di recente. La tradizione è riferita da Diodoro Siculo, autore di età cesariana (90 a.C. circa – 27 a.C.), che potrebbe averla ripresa da Timeo (altro storico siciliano, vissuto più di due secoli prima, circa 350 – 260 a.C.), citato più volte qualche paragrafo prima.

Diodoro Siculo IV, 24, 7. Traduzione da P. Attianese, Kroton le monete in Bronzo

Herakles, passato con i buoi in Italia, procedeva lungo il litorale (Παραλία) ed
eliminò Lacinio (Λακίνιον) che gli aveva rubato alcuni capi di bestiame; avendo uc-
ciso involontariamente Kroton (κροτών), lo seppellì con tutti gli onori dopo avergli allestito una magnifica tomba (μεγαλοπρεπῶς τάφον).
Predisse quindi agli abitanti del luogo che nei tempi a venire sarebbe sorta un’importante città (πόλις ἐπίσημος) con lo stesso nome di colui che era morto (τετελευτηκότι).

Βιβλιοθήκη IV, 24, 7 – Testo estratto dalla Perseus Digital Library

[7] ὁ δ᾽ Ἡρακλῆς μετὰ τῶν βοῶν περαιωθεὶς εἰς τὴν Ἰταλίαν προῆγε διὰ τῆς παραλίας, καὶ Λακίνιον μὲν κλέπτοντα τῶν βοῶν ἀνεῖλε, Κρότωνα δὲ ἀκουσίως ἀποκτείνας ἔθαψε μεγαλοπρεπῶς καὶ τάφον αὐτοῦ κατεσκεύασε: προεῖπε δὲ καὶ τοῖς ἐγχωρίοις ὅτι καὶ κατὰ τοὺς ὕστερον χρόνους ἔσται πόλις ἐπίσημος ὁμώνυμος τῷ τετελευτηκότι.
La decima fatica di Eracle
Dopo avergli ucciso il cane Ortro e il pastore Euritione, Herakles sconfigge Gerione “tricefalo”, gli cattura i buoi e compie la sua decima fatica.

Herakles nel viaggio di ritorno dalla decima fatica (è possibile approfondire questo episodio nell’articolo “La decima fatica di Herakles, ed i suoi personaggi“), di ritorno dall’Iberia, ove aveva ucciso il gigante a tre teste Gerione e catturato i suoi buoi, dopo avere attraversato l’Italia passò dalla Sicilia e poi, di ritorno nel continente, costeggiando lo Ionio, si fermò nel luogo ove sarebbe sorta Crotone, dove trovò degli abitanti indigeni. Uno di questi di nome Lacinio, gli rubò alcuni buoi; accortosene, il figlio di Zeus si mise subito alla ricerca del ladro per riprendersi le bestie. Però, per sbaglio Crotone. Herakles lo seppellì costruendogli una magnifica tomba. Quindi vaticinò un illustre futuro per la loro città, che prenderà il nome del defunto.

E’ un racconto analogo a quello che avrebbe trovato protagonisti Herakles, Latino e Locro, in occasione della fondazione di Locri((Conon, FGrHist 26. Il testo integrale è riportato in Frisone, Op. cit., 2020, nota n. 39; vedere anche l’analisi del testo M. Intrieri, Op. Cit, 2011, pp. 193-194)), molto simile anche all’episodio che a Roma, avrebbe visto l’eroe uccidere Caco.

Nel racconto di Diodoro siculo, Crotone è il personaggio eponimo della colonia achea, ma non il suo ecista, e nemmeno Herakles è l’ecista della città.

L’origine del toponimo da Croton, era già stata evidenziato, prima di Diodoro Siculo, in un frammento delle politeia di Eraclide Lembo (vissuto circa tra il 180 ed il 145 a.C.)((Donatella Erdas, “Dori d’Italia e di Sicilia” e popolazioni locali nelle “politeiai” aristoteliche di Magna Grecia e Sicilia, in Aristonothos n. 7-2012 DOI: https://doi.org/10.6092/2037-4488/2615, pp. 94-95. Per il testo delle politeia “(GRC, EN) “Heraclides Lembus, Excerpta Politiarum“, testo curato e tradotto (in inglese) fa Mervin R. Dilts, Durham, North Carolina, Duke University, 1971)).

Chi erano questi personaggi – Lacinio e Crotone – che vengono incontrati da Herakles? Strabone (6, 2, 4. 269), ci informa che Archia di Corinto, prima di fondare Siracusa, intorno al 733 a.C. fondò una colonia a Corcira (o Kórkyra, in greco antico Κόρκυρα, in latino Corcyra, l’odierna Corfù; per Tucidide Corcira è anche Scheria, l’isola dei Feaci sulla quale regnava Alcinoo, la cui figlia Nausicaa, accolse il naufrago Ulisse nell’Odissea) che fiorì ben presto, grazie anche alla prosperità della vite in quei terreni, e che consentì loro in breve tempo gran commercio ed esportazioni in tutto il mondo ellenico.

Croton è riportato in uno scolio a Teocrito (4, 32 Wendel) come figlio di Feace e fratello di Alcinoo((Donatella Erdas, op. cit. 2012, p. 95)), e dunque ricondotto ad una tradizione omerica; Lacinio sarebbe invece nativo di Corcira11. Il sincronismo Crotone-Siracusa è anche sincronismo Crotone-Corcira, e ciò spiega come possa sopravvivere così vistosa circolarità di memorie leggendarie tra le colonie achea d’Italia e le fondazioni corinzie dello Ionio. Circolarità, appunto, che legittima la tradizione dell’incontro fra Archia e Miscello12.

L’intreccio delle vicende e dei personaggi delle tradizioni di fondazione di Crotone, di Siracusa e Locri, trovano come coincidenze e sincronismi con Corcira, che d’altra parte è il punto di passaggio quasi obbligato per le rotte dirette dalla Grecia verso l’Italia13.

Altri dettagli sul Croton riportato da Diodoro Siculo sono offerti dallo Scholiaste di Licofrone (1007, p. 313, 2219): Laurete, figlia di Lacinio, dal quale (prende il nome) il capo, fu sposa di Croton, dal quale (prese il nome) la città di Crotone. I nipoti di Laurete sono i Crotoniati14. Questa annotazione è riportata con riferimento ad un verso dell’Alessandra (Cassandra) di Licofrone, in cui si fa riferimento alla non identificata città di Cleta (per alcuni vicino Kaulonia, per altri vicono Terina) distrutta dai Krotoniati tra il 550 ed il 540 a.C., ove i krotoniati sono chiamati figli di Laureta:

Da “La Cassandra” di Licofrone Calcidese tradotto da Onofrio Gargiulli, 1812, p. 67

La fondata da lei città, che detta Cleta sarà dal nome imposto ad essa,
Dall’armi un dì Crotoniati stretta, in cenere cadrà : cadrà la stessa Cleta,
ma vendicata, e impunemente, non sia dai figli di Laureta oppressa.
Coppa attica attribuita a Eufronio (da LIMC V, 2, s.v. Herakles, 2501).
Lato A: Herakles combatte contro Gerione;
lato B: i buoi di Gerione.

Herakles che nella civiltà italica precoloniale è il nome dell’eroe soccorritore e vincitore che ricopre esperienze di lotte per il controllo dell’ambiente, qui appare come bovaro, un ruolo che non sembra localizzato casualmente in territorio crotoniate se appena si pensa al ruolo determinante esercitato dalla Sila per l’economia, i vicendevoli rapporti, l’organizzazione in ·genere della comunità greca e di quelle non greche dell’entroterra su essa gravitanti. Qui un Herakles conquistatore difensore e guida di armenti, instauratore del sacrificio del toro, è figura-simbolo per i Greci che hanno conquistato o puntano a controllare terre in cui la pastorizia è una delle principali se non la principale attività economica15.

La figura di Herakles è rilevante in tutto il mondo coloniale magno-greco, soprattutto per l’area occidentale della Sicilia, una figura caratterizzata da una connotazione iconografica di creatura al margine fra natura e civiltà: molte delle avventure eraclee in occidente sono basate sulla contrapposizione fra l’eroe e il mondo degli animali, e sottolineano il suo ruolo di “eroe culturale”, cioè di civilizzatore; in altri termini, attuando la liberazione del mondo dalle creature mostruose, Herakles rese possibile agli uomini la colonizzazione. La presenza di Herakles è maggiormente evidente nelle zone poste a confine tra le colonie e le realtà indigene preesistenti, in particolare “nell’area delle colonie achee di Crotone e Sibari, la cui regione a lungo necessitò di ridefinizioni territoriali fra i coloni e gli indigeni dell’entroterra“((Claudia Lucchese, 2012, Op. Cit., I.C.1.3 Caratteristiche principali della ceramica attica prodotta per l’esportazione)).

La lotta vittoriosa di Eracle contro Gerione c’era già in Esiodo((Esiodo, Teogonia, vv. 286-294: E’ composta intorno al 700 a.C., per approfondire vedere in Dino De Sanctis, Quando Eracle giunse a Erythia)), ma priva degli elementi della saga relativa al lungo percorso di ritorno dell’eroe verso Argo (nella decima fatica, Herakles, dopo che un vitello (ὁδάμαλις) si staccò dalla mandria di Gerione che stava conducendo ad Argo, fu costretto a inseguirlo lungo la penisola fino allo stretto e poi in Sicilia) , che sarebbe stata introdotta – secondo Dionisio d’Alicarnasso – a Ellanico di Lesbo, autore di una serie di opere a soggetto mitologico e storico, fiorito nella seconda metà del V secolo((rif. e note in Giovanna De Sensi Sestito, Italo, Italía, Italioti : alle origini di una nozione, 2014. p. 62)). È, nelle sue funzioni, compagno assiduo e fedele dei coloni greci, ed è indubbiamente sotto le sembianze dell’eroe tradizionale che viene adottato da molte città nel IV ° secolo ed accompagna la penetrazione dell’ellenismo tutta l’Italia meridionale. Numerose sono le statuette in bronzo che attestano il carattere eroico del personaggio, presentato con i suoi normali attributi, simboli della sua forza, la pelle di leone e la clava. L’area di estensione di questo culto si estende, in Italia, ai confini del mondo latino dove lascia il posto ad Ares, più rappresentativo della potenza militare di Roma((Roland Martin, Introduction à l’étude du culte d’Héraclès en Sicile, 1980 )).

Perchè nei miti di fondazione di Crotone c’è Herakles è non un altro personaggio mitologico od un Dio ? Gli studi di M. Giangiulio, a partire da Crotone, hanno evidenziato la coerenza profonda del peculiare rapporto fra Herakles ed Hera, la divinità di riferimento di tutte le comunità achee d’Italia meridionale. Secondo lo studioso, infatti, la documentazione, costituita essenzialmente dai racconti mitici, rielaborati in sede locale, lascia emergere una solidarietà profonda, originaria, fra le figure religiose dell’eroe e della dea, le cui radici affondano nelle tradizioni dell’ambiente metropolitano. Le forme rituali, poi, lasciano intuire un’architettura articolata di culti gerarchicamente destinati e ordinati o, addirittura, nel caso del santuario Lacinio di Crotone, una peculiare «struttura ‘bipolare’» fra santuario e città, come fra dea ed eroe. In altri contesti, invece, è stato osservata la creazione di un vero e proprio paesaggio cultuale, nel quale i cicli narrativi ‘per immagini’ che decoravano gli edifici sacri selezionavano fra le imprese dell’eroe quelle più appropriate al contesto locale e ai significati che esso riteneva di veicolare, costituendo un ulteriore passaggio del radicamento di Eracle nel panorama religioso locale. L’ambiente coloniale non solo consente di apprezzare l’intrinseca capacità di questa figura di farsi portatrice di istanze di livello diverso – da quello personale a quello collettivo e politico – ma dimostra di essere stato uno dei poli attivi nello sviluppo dei temi mitico-narrativi che la coinvolgono((Flavia Frisone – Eracle in Magna Grecia: una porta verso l’eroizzazione?, in Mythos n. 14, 2020, par. 3-4)).

A Crotone l’enfasi su Herakles, è antica. Infatti, la monetazione di Crotone nel VI secolo porta il solo simbolo del tripode dell’Oracolo di Delfi che profetizzò/concesse al suo fondatore storico Miscello la fondazione della città. Verso la fine del VI secolo Herakles, diviene di primaria importanza importanza per la città. Le coniazioni argentee emesse da Crotone sia negli anni Venti del V secolo sia successivamente, riportano sul D/ un Eracle nudo assiso e legenda OIKISTAS, volutamente arcaizzante nei caratteri alfabetici. D’altro canto, la testimonianza di Giamblico, che si rifà a fonti pitagoriche che rimontano almeno al periodo fra V e IV, lascerebbe pensare che la leggenda di un coinvolgimento di Eracle nella fondazione fosse nota e condivisa già nella seconda metà del VI secolo, in quanto Pitagora, nell’ambito del primo logos da lui pronunciato una volta giunto presso i Crotoniati, vi avrebbe fatto riferimento in termini particolarmente significativi((Flavia Frisone, Op. cit., 2020)).

Bruttium, Kroton, c. 300-250 BC. AR Triobol (10mm, 1.14g, 6h). D/Testa di Athena con elmetto R/ Eracle Ecista in piedi a destra, appoggiato alla clava. (da https://auctions.bertolamifinearts.com/)

Verso il 510 a.C. avvenne d’altra parte la battaglia di Crotone contro Sybaris, con la distruzione di quest’ultima; la successiva appropriazione dei Krotoniati dell’arco e delle frecce di Herakles, che Filottete aveva deposto nel tempio di Apollo Aleo a Krimisa, con trasporto presso un tempio di Apollo in città, viene valutata nella contesa tra le due colonie, con Sybaris che tentava di espandersi a sud, mentre Crotone a nord; i simboli di Filottete vengono portati a Crotone per ribadire la supremazia della città sul territorio conquistato attraverso l’appropriazione dei miti di Filottete e di Herakles. Se dunque in una prima fase il fondatore della città è il solo personaggio storico Miscello, anche se mitizzato attraverso il racconto della predizione dell’oracolo di Apollo, le successive associazioni degli antichi eroi panellenici (Filottete ed Herakles) costituirebbero un’utile strumento di diplomazia, per dimostrare una superiorità etnica (articolata in termini di genealogie eroiche) nei confronti delle popolazioni della terra di mezzo (middle ground, ovvero le città fondate da FIlottete) e del territorio di Sybaris2.

L’assunzione di Herakles come eroe di riferimento per la città di Kroton diviene un esempio da seguire anche grazie alla familiarità (οἰκειότης) con lui, che ispirerà agli adulti la giustizia, ai giovani l’obbedienza, secondo la dottrina instillata da Pitagora. L’imitatio di dei ed eroi s’inscrive in modalità comportamentali molto concrete, tipiche del periodo arcaico; di eclatante esempio è il caso di Milone, agonista, olimpionico e figura di riferimento della polis che assume la tipologia fisica (il vigore straordinario) e l’apparenza (la leonté, la clava) di Eracle per incarnare una dignità e un valore superiore che aspira a raggiungere uno statuto sovrumano((Flavia Frisone, Op. cit., 2020, par. 23-29)).

Giamblico, Vita di Pitagora, (circa) 300 d.C.; traduz, a cura di Francesco Romano, Ed. Bompiani 2012

(IX.50) Poi, per fare un discorso generale, Pitagora diceva che era capitato loro di abitare la città fondata, come si racconta, da Eracle quando conduceva le vacche attraverso l’Italia: offeso da Lacinio, egli uccise Crotone che di notte era venuto ad aiutarlo, credendo per ignoranza che fosse uno dei suoi nemici, dopo di che annunziò che avrebbe costruito intorno alla tomba di Crotone una città che avrebbe portato il suo nome, nel caso che egli stesso fosse divenuto immortale, sicché i Crotoniati – diceva Pitagora – avrebbero dovuto amministrare con giustizia in segno di riconoscenza per il beneficio ricevuto.
E quelli, dopo averlo ascoltato, fecero costruire un tempio alle Muse e rilasciarono le concubine, che era loro costume avere con sé, e pretesero che Pitagora rimanesse a discutere separatamente con i loro figli, nel tempio di Apollo Pizio, e con le loro mogli, nel tempio di Hera.

Gli stessi concetti – la familiarità del rapporto con Eracle, la natura divina di questi, l’istituzione di culti correlati a questa condizione – tornano, del resto, anche un altro passo della Vita Pitagorica:

Giamblico, Vita di Pitagora, (circa) 300 d.C.; traduz, a cura di Francesco Romano, Ed. Bompiani 2012

(VIII.40) … Pitagora dimostrò ai Crotoniati che, per il fatto che Ercole è il dio proprio dei coloni, allora occorreva che essi ascoltassero volentieri ciò che comandano i genitori, giacché sapevano che quel dio, per obbedire ad un altro dio piu anziano, aveva esercitato le sue fatiche e aveva istituito in onore del padre, come canto di vittoria per le sue imprese, i giochi di Olimpia….

Con questo discorso siamo alla prima allocuzione di Pitagora ai giovani nel ginnasio di Crotone, quindi in un contesto in cui la figura religiosa di Eracle appare centrale, sia in virtù della tradizione cittadina sia per il peculiare legame dell’eroe con le esperienze dell’educazione giovanile; in più, appare cruciale, qui, il riferimento alle prove agonali, al loro significato e valore16.

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L’uccisione di Kroton da parte di Herakles, collegata alle migrazioni del semidio, lascerebbe intendere un tipo di relazioni “aggressive” proprie della colonizzazione achea, nei confronti delle popolazioni indigene. Ma anche l’uccisione di Filottete per mano degli indigeni suggerisce un contatto difficile o, ancor di più, il rifiuto violento del contatto con i greci da parte degli indigeni17.

Miscello da Rhypes, l’ecista involontario

Nella versione di Ovidio della fondazione di Crotone, la predizione di Herakles si sostanziò in un’attività dello stesso semidio che apparve in sogno a Miscello, acheo di famiglia nobile – proveniente da Rhypes18 – , detto «dalla schiena corta» perché gobbo, e gli disse: «Orsù, lascia questa patria e va’, cerca le sponde pietrose dell’Esaro lontano».

Miscello non sapendo dove andare chiese lumi all’oracolo di Apollo Pizio a Delfi, che gli descrisse per filo e per segno l’itinerario da seguire fino alla tomba di Crotone.

«Un certo Mýskellos, d’origine achea, proveniente da Rhipes, giunse a Delphi per interrogare il dio sulla sua discendenza. Questa fu la risposta della Pizia: “O Mýskellos dalle spalle strette, il lungisaettante Apollo ti ama e ti darà stirpe; ma in primo luogo questo ti ordina, di fondare la grande Króton nelle belle pianure arabili.
Poiché egli non sapeva dove fosse Króton, di nuovo la Pizia disse: Il lungisaettante in persona ti parla; ma fa attenzione. Questo è il monte Taphios, non arato, questa è la Chalkis, questa la sacra terra dei Cureti e queste sono le Echinadi; e a sinistra un vasto mare. Dico che così non ti può sfuggire il promontorio Lakinios, né la sacra Krimisa, né il fiume Aisaros“.

Miscello attraversò il mar Jonio e, giunto dall’altra parte, cominciò a bordeggiare sottocosta: e rimase colpito dalla floridezza della pianura di Sibari e dalla Città che altri coloni stavano fondando. Così, nonostante l’oracolo gli avesse imposto di fondare Kroton, ritornò indietro a Delfi e si rivolse nuovamente all’oracolo chiedendo se, invece d’affrontare l’incertezza ed i pericoli di territori sconosciuti, poteva unirsi ai greci che stavano colonizzando quella pianura fertilissima. Così questo responso scaturì per lui: O Mýskellos dalle spalle strette, cercando cose diverse dalla volontà del dio troverai pianto. Apprezza il dono che il dio ti da.» Di tale sibillino discorso Miscello capì soltanto che doveva rassegnarsi al volere degli dei.

L’Oracolo di Delfi. Illustrazione della Pizia e di coloro che sono venuti ad ascoltarne il vaticinio.

Considerato che la fondazione di Sybaris è da ritenersi avvenuta intorno al 725 a.C., la prima spedizione di Miscello è da datarsi tra il 720 ed il 708, ed anzi più verso il limite inferiore di questo intervallo, visto che Miscello trova la colonia già fiorente. Il terzo viaggio di Miscello, nel quale si rassegna a fondare la Crotone achea avviene intorno al 708.

L’accenno a Sibari, rappresentata come terra su cui dal principio i Crotoniati avrebbero voluto insediarsi, ha consentito di datare la formazione della leggenda tramandataci da Antioco di Siracusa fra la metà e la fine del VI secolo, in un momento evidentemente precedente alla caduta di Sibari nel 510, quando ancora la propaganda di Crotone aveva interesse a esaltare gli aspetti negativi sibariti19.

Per la sua esitazione Miscello perderà gli onori riservati agli ecisti fondatori, che invece i crotoniati riservarono ad Herakles, considerato vero ed unico capostipite. L’altro elemento da evidenziare è il legame privilegiato con l’oracolo delfico, ove tutta la costruzione della leggenda di Miscello esalta la funzione del vaticinio rispetto al ruolo sminuito dell’ecista((Claudia Lucchese, 2012, op. cit. )), che si trova a fondare una città malgrado inizialmente non ne avesse alcuna intenzione (Miscello era infatti andato dall’Oracolo per motivi personali, per sapere se potesse avere una prole).
Sembra dunque lecito affermare che la tradizione di fondazione di Crotone fosse interamente organizzata intorno al tema dell’iniziativa oracolare e che essa istituisse una polarità fondamentale Delphi-Crotone, essendo questa città la diretta emanazione del volere del nume profetico“((Maurizio Giangiulio – Ricerche su Kroton arcaica, 1989, p. 138)); dunque l’ecista assume un ruolo secondario, quasi involontario, ed il fatto che avesse delle deformità fisiche è un particolare che rafforza l’ineluttabilità della volontà del Dio.
Il ruolo sminuito di Miscello nella fondazione e quello privilegiato con Herakles, e dell’oracolo di Delphi, è evidente dalle coniazioni, in cui solo questi soggetti sono rappresentati direttamente od in forma simbolica, mentre è del tutto assente una rappresentazione di Miscello.

Statere di Crotone (circa 400 a.C.), conservato a Londra. Un lato raffigura il giovane Herakles seduto, definito quale Ecista fondatore della città (n. 470). L’altro con Apollo che scocca una freccia sul serpente ed in mezzo a loro il treppiede (n. 472). Da Monnaies Grecques (1972) di Jenkins

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La fondazione di Crotone in Ovidio

La versione di Ovidio mostra un ruolo molto attivo di Herakles, che sarebbe apparso due volte in sogno a Miscello, per indurlo ad attuare il suo divino volere, anche sfidando la pena di morte; si tratta di una versione che ha delle fonti e motivazioni non evidenti.

Potrebbe esservi un’influenza pitagorica, per l’assenza del confronto con Sibari, o più propriamente crotoniate e pre-pitagorica per il rilievo conferito al culto di Eracle, certamente più antico, in Magna Grecia, di quello di Apollo. E che sia molto antico il nucleo originario della versione ovidiana lo dimostrano sia il richiamo al culto dell’eroe indigeno Crotone, sia la connessione con la leggenda dei buoi di Gerione, già tema del “canto nuovo” di Stesicoro. C’è da presumere che il poeta di Sulmona abbia scelto questa versione, forse per mediazione enniana o catoniana, a causa della sua più forte connotazione italica. In essa, infatti, Crotone viene a rappresentare la culla della sapienza, la città dalla quale partì la civilizzazione dell’Italia e con essa la mirabile storia di Roma((Romualdo Marandino, Ovidio e Pitagora, 2020, p. 4)).

Narran che il figlio di Giove, dei buoi Ricco d’Iberia,
intorno al Lacinio.
Arrivò dopo lungo viaggiare:
mentre il suo armento nei pascoli stava,
Crotone visitò, chè volea riposarsi.
Nell’andarsene disse: “Con i nostri
Nipoti, grande sarà una città
”.

Quel che predisse poi vero divenne.
Da Anemone nacque un tale Miscello,
tra tutti agli dei il giovin più caro.
Dormiva un giorno il giovin Miscello

E nel sonno Eracle sì gli impose:
Trova dell’Esaro il letto pietroso,
parti e la Patria tosto abbandona
.

Avea già visto le coste del mare,
la fatal foce dell’Esaro vide
e da presso di Crotone la tomba.
Ivi, come Eracle prescritto gli avea,
di una nuova città fondò le mura,
nomandola come il vecchio sepolto.

Da Ovidio, Metamorfosi, XV, 12, 59.
Traduzione estratta da “Kroton, Un mare di miti, racconti, leggende” (2007) a cura di Tatiana Forte. Per il testo originale in latino, vedere in Wikisource.

Un’altra versione della traduzione è la seguente (dal sito Mitologia e dintorni):

Si cerca intanto qualcuno che sia in grado di sostenere un onere così grave e succedere a un re così grande.
L’opinione pubblica, che è misura del vero, designa l’illustre Numa (Pompilio): non solo conosce usi e costumi della gente sabina; non contento, con la sua mente fervida aspira a cose più grandi, dedicandosi a studiare la natura.
Proprio questa passione l’indusse a lasciare Curi e la sua patria per spingersi sino alla città che aveva ospitato Ercole.
E quando chiese chi fosse stato a fondare in terra italica quella città greca, uno degli anziani che vivevano in quel luogo, non digiuno di storia antica, così gli rispose:
Si dice che, con una moltitudine di buoi spagnoli, Ercole, dopo un viaggio felice, giungesse dall’Oceano al capo Lacinio
e che, lasciata la mandria a vagare sui teneri prati, entrasse nella casa ospitale del famoso Crotone, placando col riposo sotto quel tetto l’immane sua fatica; e che poi partendo dicesse: “Al tempo dei nostri nipoti, qui sorgerà una città
“. E la promessa si avverò.
Nell’Argolide, infatti, nacque da Alèmone un certo Miscello, che fu in quel tempo la persona più cara agli dei. Una notte, mentre era immerso in un sonno profondo, Ercole, chinandosi su lui, gli disse: “Lascia la tua patria, via, e cerca del remoto Èsaro la corrente ghiaiosa (lapidosas Aesaris undas)!”. E gli minaccia sciagure tremende se non avesse obbedito.
Dopo di che, sonno e dio armato di clava svaniscono insieme. Il figlio di Alèmone si alza e ripensa in silenzio alla visione appena avuta, combattuto a lungo dall’indecisione: un nume gli ordina di andare, ma la legge vieta di partire e per chi vuole cambiare patria vi è la pena di morte.

Illustrazione da “Ovide moralisé en prose II” di Maître de Marguerite d’York. 1470-1480

Alcune informazioni dalla ricerca archeologica

Nel Bronzo medio, nel Bronzo recente, nel Bronzo fìnale e nel primo Ferro, apparentemente senza soluzione di continuità, il promontorio di Kroton fu occupato da un insediamento esteso, distribuito in più, nuclei per complessivi circa 50 ettari (Castello/Via Firenze-Via Vittorio Veneto-Via Mazzini/ Via Venezia-Via Roma/Via Cutro- Via Roma- Via Panella/Area Campitello/Area Pignera – Campo Sportivo/Vigna Nova).

Forse già dalla fase avanzata del Bronzo medio, ma certamente per le fasi del Bronzo recente e probabilmente del Bronzo finale, il vasto aggregato insediativo di Kroton intratteneva contatti con l’area egea, ampiamente documentati dalla presenza di ceramica figulina, tornita e dipinta, di tipo miceneo (attribuibile al TE IIIB ed al TE IlIC), di ceramica grigia “pseudominia” in argilla depurata e tornita, di grandi dolii torniti in argilla depurata20.

Nella seconda metà dell’VIII secolo l’abitato coloniale sorse, pressoché contemporaneamente, su un’area enormemente maggiore (intorno a 650 ettari) di quella prima occupata dall’insediamento indigeno (SPADEA 1983; 1992), anche se inizialmente esso era organizzato per nuclei, separati da spazi liberi.

L’area occupata dall’abitato protostorico corrisponde, in parte, a quella occupata dal quartiere: meridionale e dall’acropoli della polis, ma rinvenimenti di materiali protostorici sono documentati anche: nel quartiere centrale e nel quartiere settentrionale. P.G. Guzzo precisa che a Crotone, come a Sibari, gli Achei si sono localizzati in quei siti che non ricoprivano interesse per le attività produttive degli Indigeni a causa della vicinanza al mare21.

Anche l’ampio pianoro collinare di Vrica, attraversato dall’antico percorso di collegamento tra Kroton e il Lacinio, mostra tracce di un nucleo insediativo indigeno che parrebbe essere stato soppiantato da una o più, fattorie greche.

Crotone. Planimetria della città con ubicazione dei rinvenimenti pre-protostorici (retino scuro: acropoli; retino chiaro: terrazzo inferiore). Rif. Marino et alii, p. 122, fig. 7.

La mutata situazione sul promontorio di Kroton/Crotone comportò che la presenza indigena fu eliminata/sostituita quasi contemporaneamente alla fondazione della polis e, nel volgere di pochi anni, agli inizi del VII sec. a.C., l’abitato acheo occupò addirittura le aree delle antiche necropoli protostoriche, distruggendole((Domenico Marino – Le vele degli Achei (2006))).

Espandiamo l’analisi su un’area più ampia: nel bronzo finale (dal 1175 all’800-775 a.C) tutta la Crotoniatide è da associare alla “facies enotria”; lo stanziamento delle fondazioni coloniali greche ed il loro graduale, ma inarrestabile, processo di penetrazione e acquisizione dei territori circostanti comporta nel territorio compreso tra il Nicà e il Tacina un generalizzato (ma non totale) tracollo del sistema insediamentale indigeno. Non è dato sapere quali siano stati per i nuovi arrivati i tempi e le modalità di appropriazione dei territori di sovranità indigena. Non abbiamo cognizione nemmeno se (ed eventualmente in quale misura) sia stata utilizzata la forza militare per eliminare fisicamente gli autoctoni o piuttosto se sia stata impiegatala diplomazia politica e la subordinazione economica. Bisogna considerare che il sistema militare, socio-politico e culturale dei Greci era in rapporto a quello delle genti autoctone più complesso e articolato e quindi di gran lunga vincente.

La forte pressione dei coloni potrebbe anche avere consigliato ai nativi una sottomissione pacifica con l’accettazione di un ruolo subalterno. Nel caso di Crotone l’insediamento indigeno aveva una certa importanza, ma sfuggono all’archeologia le modalità di ingaggio tra i nativi e i nuovi arrivati. Unici reperti di interesse sono oggetti di chiara fattura indigena, quali le fibule in bronzo ad arco serpeggiante, presenti in alcuni dei più antichi corredi della necropoli della Carrara, indicano una più o meno diffusa pratica dei matrimoni misti tra Greci e donne indigene sin dalla prima generazione di coloni22.

Sin dall’inizio i coloni provvidero all’esatta definizione dell’area destinata all’abitato, e il programma urbanistico attuato risulta condizionato dalla geomorfologia dei luoghi da edificare, che portò a definire differenti andamenti assegnati al reticolo stradale per garantire un agevole deflusso delle acque e assicurare la migliore esposizione ai venti marini. Gli strati archeologici più profondi e antichi (con materiali dell’ultimo quarto dell’VIII sec. a.C.) consentono l’ipotesi di un’occupazione simultanea di tutta l’area compresa tra la collina del Castello a Sud (28 m s.l.m.) e quella della Batteria a Nord (43,80 m s.l.m.), oltre il fiume Esaro23.

Ricerche recenti (2011) segnalano il ritrovamente a Crotone nel cosiddetto ‘quartiere centrale’, posto tra il Campo Sportivo e via XXV Aprile, di tratti di strade, non selciate ma sagomate a dorso d’asino così da raccogliere e far defluire le acque ai lati. L’aver ritrovato sul piano di calpestio frammenti ceramici pertinenti alla classe di produzione detta di Thapsos ha fatto attribuire il tracciamento di queste strade alla prima generazione della fondazione achea. Ritrovamenti più recenti, anche di edifici, autorizzano la ricostruzione di un assetto urbano a Crotone per strigas: le strade sono orientate verso il mare, così da favorire il deflusso delle acque. Questa stessa esigenza ha fatto sì che le strade nel quartiere dell’acropoli e in quello al di là dell’Esaro non fossero né parallele fra loro né con quelle del ‘quartiere centrale’, ma convergenti così da essere sempre perpendicolari alla costa e disposte seguendo le diverse linee di massima pendenza dei diversi settori urbani24.


Correlazioni: articoli e pubblicazioni

  1. C.S. Lane – Archegetes oikistes, and new-oikistes : the cults of founders in Greek southern Italy and Sicily ((2009), p. 174 []
  2. Irad Malkin, “The Middle Ground: Philoktetes in Italy”, Kernos, 11 | 1998 [] []
  3. Alfonso Mele – Le popolazioni dell’Archaia Italia (2017), p. 195 []
  4. Maurizio Giangiulio – Filottete tra Sibari e Crotone (1991) []
  5. Maria Intrieri, “Corcira fra Corinto e l’Occidente: rapporti e sincronismi di colonizzazione”, in “Sulla rotta per la Sicilia: l’Epiro, Corcira e l’Occidente”, Ed. ETS, 2011, pp. 175-208 []
  6. Maurizio Giangiulio – Ricerche su Kroton arcaica, 1989, p. 134 []
  7. Lorenzo Braccesi – Miscello e le tre spedizioni a Crotone, 1998 []
  8. Mario Lombardo, “Delfi e la colonizzazione in Occidente”, in Ethne, identità e tradizioni: la “terza” Grecia e l’Occidente, Tomo 1, Ed. Ets. 2011, p. 141-143 []
  9. M. Lombardo, Op. Cit., 2011, p. 143-144 []
  10. Anne Jacquemin, “Adieu l’apoikia, adieu le Pythien !“, in Pallas n. 87, 2011, p. 205-222, https://doi.org/10.4000/pallas.2014 []
  11. Alessandra Coppola, Archaiologhia e propaganda (1995), p.155-156. []
  12. Lorenzo Braccesi – Miscello e le tre spedizioni a Crotone (1998), p. 12 []
  13. Maria intrieri, Op. cit., 2011 []
  14. traduzione da Donatella Erdas, op. cit. 2012, p. 95; []
  15. Gianfranco Maddoli – I Culti di Crotone in Atti XXIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia. Taranto 7-10 Ottobre 1983 []
  16. Flavia Frisone, Op. Cit., 2020, par. 24-26 []
  17. Domenico Marino – Le vele degli Achei (2006) []
  18. sul luogo di provenienza di Miscello vedere l’articolo Ripe (Rhypes) e l’Achaia []
  19. Vattuone 1991, 323-325; Cuscunà 2003, 76. Riferiti in nota 332 in Claudia Lucchese, 2012, op. cit., p. 76 []
  20. Domenico Marino, La Protostoria della Calabria centro-orientale (Dissertazione di Dottorato di Ricerca in Archeologia-Preistoria), Università degli Studi di Roma La Sapienza. []
  21. P.G. Guzzo 2022, p 54 []
  22. Salvatore Medaglia – Carta archeologica della provincia di Crotone, 2010, p. 50. Interpretazione condivisa anche in P.G. Guzzo 2022, p 53-54 []
  23. Roberto Spadea, Topografia in “Crotone” Atti XXIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia. Taranto 7-10 Ottobre 1983, p. 124-125 []
  24. P.G. Guzzo 2022, pp. 60-61 []